Figli del Mare Award: a New York un filo d’oro tra Napoli e Little Italy

Nella cornice vibrante di Little Italy, tra le strade storiche di Mulberry e Grand Street, è stato presentato il “Figli del Mare Award”, un riconoscimento dal forte valore simbolico e culturale che celebra le radici dell’emigrazione italiana verso gli Stati Uniti. Un premio non solo artistico, ma identitario: un tributo poetico ai migranti che, salpando dal porto di Napoli, hanno tracciato il cammino verso una nuova vita in America.

La cerimonia si è svolta nel cuore del quartiere che fu crocevia delle ondate migratorie italiane: in quello che un tempo era chiamato “la Polonia”, la porta d’ingresso della città per i nuovi arrivati, poi ribattezzata Little Italy. Le strade stesse raccontano la geografia delle origini: Mulberry Street per i campani, Elizabeth Street per i siciliani. Oggi, quel passato vive e si rinnova grazie a iniziative come questa.

Il “Figli del Mare Award”, ideato e realizzato dall’artista di fama internazionale Dante Mortet, è molto più di una scultura. È una reliquia della memoria, un filo d’oro — letteralmente e simbolicamente — che unisce due sponde dell’Atlantico: Napoli e New York. «Questo filo lo tenevano da una parte i migranti, dall’altra le famiglie rimaste — ha ricordato con emozione Silvana Mangione, vicesegretaria del CGE —. Un filo che a volte si spezzava, ma che oggi vogliamo riannodare con orgoglio».

La scultura, nata dalla collaborazione tra Dante Mortet e il figlio Lorenzo, rappresenta proprio quel legame invisibile e indistruttibile tra chi è partito e chi ha costruito altrove un futuro. “Figli del mare”, li chiama Mortet: “coloro che portano dentro di sé la storia di una partenza e la forza di un arrivo”.

Tra i promotori dell’evento, il Red Sox Studio, nuovo punto di riferimento della comunità italoamericana a New York, fondato da Patrick OPoyle e John Viola, noti anche per l’“Italian American Podcast”, che si propone di trasmettere alle nuove generazioni la cultura delle origini. «Non solo cultura italiana, ma cultura italoamericana — ha spiegato Viola —. Una realtà che si è evoluta ma che ha bisogno di restare legata alle sue radici».

La premiazione si fregia di un luogo fortemente simbolico: Castle Clinton (un tempo noto come Castle Garden), il primo punto di approdo per i migranti prima dell’apertura di Ellis Island. Qui approdarono milioni di italiani tra il 1860 e il 1960, nel più grande esodo della storia contemporanea. Proprio per ricordare questo passaggio, il premio è stato dedicato a loro: ai padri e alle madri, agli uomini e alle donne che hanno attraversato l’oceano “con coraggio silenzioso”, in cerca di una speranza.

A sottolineare l’importanza storica del riconoscimento, l’intervento di Silvana Mangione ha riportato l’attenzione sulle radici profonde dell’emigrazione italiana, che affondano già nel Seicento, con i Valdesi. Ma è stato soprattutto dopo l’unificazione d’Italia che l’esodo divenne massiccio. «Quando l’Italia fu unificata sotto una sola bandiera, molte identità locali si sentirono disorientate. In tanti cercarono altrove quella serenità perduta, e la trovarono qui, a New York».

Il “Figli del Mare Award” diventa così simbolo tangibile di un’identità condivisa, un ponte culturale tra due mondi. È la testimonianza di un popolo che non ha mai dimenticato da dove viene. Un premio che ricorda come il mare non divida, ma unisca. E come ogni partenza, se guidata dalla speranza, possa diventare l’inizio di qualcosa di grande. Una scultura che rimarrà a New York, una memoria che resterà viva. Un filo d’oro, intessuto di coraggio e sogni, che oggi si riannoda con orgoglio tra le vie di Little Italy e le banchine del porto di Napoli.

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