Fulvio Italiano: «L’imperfezione ci salverà»

Nel nuovo episodio del podcast Ritratti, de ilNewyorkese è intervenuto Fulvio Italiano: figura poliedrica, capace di muoversi con naturalezza tra musica e business, tra riflessione esistenziale e strategia globale. Una conversazione che attraversa paesi e paradigmi, e che restituisce il ritratto di un uomo che rifiuta le etichette e rivendica il diritto a un’identità complessa e imperfetta.

«Quando oggi mi chiedono che lavoro faccio, io mi fermo alla prima risposta: musicista. Francamente, arrivato quasi a 52 anni, ho capito che prendersi troppo sul serio è un errore. Le persone veramente serie, quasi mai si prendono troppo sul serio».

Nonostante la sua attività imprenditoriale sia di altissimo profilo, Italiano si ama definirsi innanzitutto un artista: «Sono un musicista e un artista che fa anche l’imprenditore. E cerco di farlo con lo stesso spirito: curiosità. Credo che sia questo l’unico talento davvero necessario nella vita».

La curiosità lo ha portato a fondare la BDB Network, presente in 63 paesi con 250 partner: «BDB sta per Business Development Bureau. È un progetto nato dodici anni fa con Riccardo Maria Monti. All’inizio sembrava un’idea folle, oggi è una realtà strutturata che aiuta le imprese a operare a livello internazionale». Italiano rivendica l’utilità concreta di questo network, nato per colmare i vuoti lasciati dalle istituzioni: «Durante il Covid abbiamo assistito oltre 300 aziende. Abbiamo dimostrato che non si trattava solo di “aprire porte”, ma di offrire un supporto quotidiano e reale».

Un’altra realtà chiave del suo percorso è Khansaheb Sustainability, negli Emirati Arabi Uniti, della quale Italiano è, da quattro mesi a questa parte, amministratore delegato: «Khansaheb è il più antico general contractor del Paese, con oltre 19.000 dipendenti. La divisione che guido è nata con l’obiettivo di diventare leader nella sostenibilità per tutta l’area del Golfo». Ma non si tratta solo di enunciazioni di principio: «Negli Emirati la catena decisionale è corta e funziona. In otto mesi hanno approvato più di trenta provvedimenti sulla qualità dell’aria, l’efficienza energetica e molto altro. Qui si fa sul serio».

Tuttavia, Italiano invita alla cautela verso il linguaggio della sostenibilità, troppo spesso ridotto a slogan: «Oggi alcune parole, usate male, diventano gettoni vuoti. Un esempio? ESG. Tutti ne parlano, ma il 90% non sa cosa significhi davvero. In molti casi si traduce solo in costi e burocrazia. Negli Emirati, invece, la sostenibilità viene affrontata in modo pragmatico, senza etichette, ma con risultati concreti». Una lezione da cui anche l’Europa, secondo lui, dovrebbe imparare.

Il legame con gli Emirati è anche culturale. Fulvio Italiano racconta un aneddoto affascinante che unisce Italia e Medio Oriente: «La prima strada degli Emirati fu costruita grazie a un italiano che portò la macchina per l’asfalto. L’Emiro disse: “Seguimi a piedi. Quando mi fermerò, fermerai la tua strada”. Così nacque Sheikh Zayed Road. Una storia bellissima che mostra come, anche nei luoghi più improbabili, gli italiani riescono a lasciare un segno».

Infine, parlando del suo libro Imperfetto, Italiano esprime una visione quasi filosofica del ruolo dell’essere umano nell’epoca dell’intelligenza artificiale: «In un mondo dove l’intelligenza artificiale si prepara a sostituire ogni forma di perfezione, l’unica cosa che ci può salvare è l’imperfezione. Le emozioni, le intuizioni, i difetti: tutto ciò che rende umana l’esperienza». Una riflessione maturata anche grazie a un lungo percorso personale: «Quattordici anni di psicoanalisi mi hanno aiutato a liberarmi dal senso di colpa e dalla paura del giudizio. Sono bolle di sapone che ci bloccano. Se riusciamo a riconoscerle come tali, possiamo vivere meglio».

L’America rimane, per Italiano, una piattaforma fondamentale per chi vuole misurarsi con il mondo: «Gli Stati Uniti non sono più la cartolina di una volta, sono un mercato selettivo e competitivo. Ma per chi è preparato, restano un’opportunità enorme. Lo dico da padre orgoglioso: mia figlia è appena diventata giornalista di Forbes International». Ma non manca un monito per il sistema italiano: «Abbiamo università eccellenti, ma continuiamo a guardare l’America con complesso di inferiorità. Dovremmo avere più fiducia in noi stessi».

Fulvio Italiano si congeda con un augurio e un ringraziamento: «Grazie a voi e complimenti al Newyorkese per il meraviglioso lavoro che fa». Un saluto che chiude una conversazione ricca di visione, ironia e profondità, proprio come lui.

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