“Sotto le Nuvole” di Gianfranco Rosi verso gli Oscar

Gianfranco Rosi ha presentato a Los Angeles il suo ultimo film, Sotto le Nuvole, con il Vesuvio come protagonista. L’opera è stata mostrata ai membri dell’Academy in vista della selezione dei documentari che concorreranno alla 98ª Notte degli Oscar, in programma il 15 marzo 2026. La shortlist sarà annunciata il 16 dicembre. Per il regista romano sarebbe la seconda nomination, dopo quella per Fuocoammare, vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino nel 2016, tre anni dopo il Leone d’Oro conquistato con Sacro GRA.

Dopo il passaggio al prestigioso American Film Institute Festival, Rosi ha incontrato il pubblico all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, dove ha raccontato la genesi del progetto e le sue riflessioni sul cinema e sul linguaggio documentario.

Come sta vivendo questo nuovo percorso verso l’Oscar dopo Venezia?

«Venezia sembra già passato un tempo infinito, soprattutto perché qui stiamo cercando di entrare in questa folle corsa agli Oscar per i documentari. Ci abbiamo già provato in passato con Fuocoammare, che andò benissimo, poi con Notturno, arrivato in shortlist, e adesso vediamo come andrà questo film. Abbiamo iniziato tardi: sono qui da una settimana e dobbiamo recuperare molto.»

Che ricordo ha del premio ricevuto a Venezia?

«È stato un premio inaspettato. Quest’anno Venezia era colossale, con film bellissimi, di grandi autori. Io stavo partendo per Toronto quando mi hanno chiamato: sono tornato indietro dall’aeroporto, ho ritirato il premio e il giorno dopo sono ripartito. È stato perfetto: né troppo né poco. Un equilibrio giusto, finalmente senza polemiche. Le altre volte si discuteva sempre: “Come si fa a dare un Leone d’Oro a chi non dirige attori?”. Stavolta nessuna malignità, ed è stato bello così.»

Il suo cinema continua a sfuggire a ogni definizione. Come vive questa libertà dalle etichette?

«Non riesco mai ad adattarmi alle “labels”, alle etichette. Dall’inizio della mia carriera la mia sfida è sempre stata usare il linguaggio del cinema dentro la realtà. Tutto ciò che racconto deve diventare una forma cinematografica. Se non usi il linguaggio del cinema, muore anche la possibilità meravigliosa che il documentario ti offre nella sperimentazione. Ogni storia ha un approccio nuovo, una lettura diversa, e per me il cinema resta l’unico appiglio.»

Perché ha scelto Napoli e il Vesuvio come cuore del film?

«Il film si apre con una frase meravigliosa di Jean Cocteau: “Il Vesuvio produce tutte le nuvole del mondo, e quindi Napoli è il mondo”. L’idea che quelle nuvole si spargano nei cieli del mondo è un’immagine potentissima. Se Cocteau l’ha scritta, significa che dietro c’è una metafora universale. In questo film cerco proprio questo: partire da Napoli e farla diventare il mondo intero. Ognuno deve leggerlo secondo la propria cultura, sensibilità e identità. Se mille persone lo vedono, vorrei che ne nascessero mille interpretazioni diverse.»

Un nuovo linguaggio sonoro

Per la prima volta Rosi ha scelto di affidarsi a una colonna sonora originale, firmata da Daniel Blumberg, vincitore dell’Oscar nel 2025 per The Brutalist di Brady Corbet.

“Non avevo mai usato musica nei miei film – racconta Rosi – ma questa volta ne ho sentito il bisogno. In particolare nella scena subacquea finale serviva qualcosa che andasse oltre il suono ambientale, un ritmo profondo che facesse respirare il film.”

I due si conoscono da dodici anni, da un festival a Istanbul:

“Daniel era giovanissimo, ma da allora siamo amici. Gli ho detto: ‘Vincerai l’Oscar, quindi accetta subito di lavorare con me’. E così è stato: è arrivato a Roma con la statuetta in valigia.”

Dopo settimane di lavoro e registrazioni sperimentali tra Londra e Napoli, anche sott’acqua e tra le rocce del litorale partenopeo, la musica di Blumberg ha dato al film, dice Rosi, “quella sospensione e quel respiro che cercavo fin dall’inizio”.

L’articolo “Sotto le Nuvole” di Gianfranco Rosi verso gli Oscar proviene da IlNewyorkese.

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